Sulla via Ostiense, a Roma, sorge la centrale Montemartini, impianto di produzione di energia dismesso da negli anni ’60 ed in seguito trasformato in un museo di scultura e archeologia. Si tratta di un caso interessante in cui arte, nel senso classico del termine, ed arte industriale si fondono creando un mix molto suggestivo.
Il 30 giugno 1912 fu inaugurata la centrale Montemartini, intitolata a Giovanni Montemartini, teorico delle municipalizzazioni ed ex assessore di Roma. Si trattò del primo impianto di produzione di energia elettrica costruito e gestito dall'”Azienda elettrica municipale” di Roma, oggi nota come Acea. L’impianto ospitava turbine a vapore e motori diesel: le prime garantivano il servizio continuo, gli altri intervenivano negli orari di picco della domanda. Nel 1933, furono effettuati degli interventi atti ad incrementare la potenza complessiva della centrale con l’installazione di due nuovi colossali motori diesel Tosi da 7500 Hp. Sul finire degli anni ’30, si decise di installare una nuova turbina a vapore da 20 MW, per la quale si rese necessaria anche la costruzione di una nuova sala caldaie.
La produzione di energia elettrica fu interrotta nel 1963, poiché l’esercizio dell’impianto non risultava più economicamente conveniente. Rimasta in stato di abbandono fino agli anni ’80, l’Acea decise di dare nuova vita a parte della struttura, conservando e restaurando alcuni dei macchinari che vennero poi ricollocati, tra cui una turbina a vapore del 1917, i grandi motori diesel, pompe e altri macchinari. Nel 1997, la centrale Montemartini ospitò la mostra “Le Macchine e gli dei”, per diventare poi, a partire dal 2001, un museo permanente ed uno dei poli espositivi dei Musei Capitolini.
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