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Nel corso degli anni, l’aumento dell’uso di biomassa lignocellulosica in luogo di petrolio, carbone e gas naturale ha contribuito a contenere le emissioni di CO2 in atmosfera. Quando una biomassa infatti è utilizzata per scopi energetici, la CO2 che emette è pari a quella che ha assorbito nella fase di crescita, dando un contributo netto pari a zero.
Le biomasse lignocellulosiche sono però utilizzate anche per la produzione di biocarburanti come il bioetanolo. Queste biomasse sono composte, essenzialmente, da polimeri di carboidrati come cellulosa ed emicellulosa e da polimeri aromatici come la lignina.
Il problema principale legato all’utilizzo di questo tipo di biomasse è proprio la lignina, che viene separate, ad esempio con processi come la steam explosion, e bruciata per produrre energia.
Un gruppo di ricercatori della Montana State University, in collaborazione con il National Renewable Energy Laboratory (NREL), l’Università della California e l’Università di Portsmouth potrebbero aver posto rimedio ad un annoso problema. Questi ricercatori hanno infatti individuato, ingegnerizzato in laboratorio ed utilizzato un enzima naturale per la scomposizione della lignina. Questo loro risultato permette di estrarre le sostanze chimiche in essa presenti.
La possibilità di sfruttare anche la lignina presente in questo tipo di biomasse potrebbe contribuire a rendere gli impianti di bioraffineria più economicamente convenienti. Il problema delle bioraffinerie è proprio questo: l’estrema non economicità dell’investimento. Un discreto ritorno economico è possibile solo se si accoppia alla produzione di un biocombustibile, la produzione di un platform chemical dall’elevato valore aggiunto. Il Department of Energy americano (DOE) ha stilato una lista dei chemical più indicati ad essere prodotti in bioraffineria, come supporto alla produzione di biocombustibile: alcuni esempi sono lo xilitolo e l’acido succinico (in figura maggiori informazioni).
La possibilità di utilizzare la lignina, e i suoi derivati, per applicazioni come la realizzazione delle bioplastiche, potrebbe aprire porte ad impianti di bioraffineria più “sostenibili” economicamente in cui, anche la lignina stessa trova una valorizzazione che non sia quella termica.
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