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Diversi sono i progetti per l’avviamento di Gigafactory in Italia a supporto della mobilità elettrica. Una soluzione complementare è quella del riciclo e del riuso. Le principali aziende del settore hanno creato una filiera di parti interessante a dare una seconda vita alle batterie al litio da automotive. La presentazione ufficiale è avvenuta il 14 ottobre a Milano, al Festival della Mobilità Elettrica.
Ad oggi si contano 9 partner che hanno filmato il Memorandum of Understanding volto a sviluppare una value chain nazionale per gestire il fine prima vita delle batterie al litio che provengono dalle applicazioni di mobilità elettrica. Si tratta di:
La batteria di un veicolo elettrico raggiungerà un punto in cui la capacità residua la renderà inadatta a svolgere, ulteriormente, quella funzione. Tuttavia la batteria è ancora funzionante e può essere rigenerata ed utilizzata, ad esempio, in applicazioni di stoccaggio statico di energia (ESS) come nel caso delle rinnovabili. La prima vita utile di una batteria al litio nel settore dell’automotive è attualmente stimata in 10-12 anni. Al termine di questa vita, la capacità residua della batteria può arrivare ad essere l’80% di quella iniziale.
Le procedure di rigenerazione e riconversione sono complesse e necessitano di fasi di testing, disassemblaggio e riassemblaggio che, attualmente, sono focus di ricerca tecnica e ottimizzazione economica. Il progetto della filiera per la seconda vita delle batterie riguarda proprio questo. Le aziende si sono impegnate ad avviare attività di R&D sui seguenti temi:
In accordo ai principi dell’economia circolare, inoltre, il progetto prevede lo sviluppo di tecnologie e processi per il riciclo delle celle che non sono più utilizzabili.
L’obiettivo dei partner del progetto è quello di stimolare soggetti istituzionali a livello locale e/o nazionale per validare il progetto e sostenerne il piano di intervento. Nel mid-term le aziende puntano a creare una piattaforma di natura collaborativa in cui agganciare i progetti di ricerca a politiche di intervento più concrete in modo da rendere la “ricerca” non fine a se stessa.
Articolo in collaborazione con PoliENERGY
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