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UFFICIALE, la cucina italiana cambia per sempre: “Vietato vendere cibo non cotto” | Notizia devastante per gli amanti del crudo

Pesce crudo (Depositphotos foto)

Pesce crudo (Depositphotos foto) - www.energycue.it

Un cambio di rotta che mette sottosopra il rapporto tra tradizione e cucina d’estate, colpendo dei cibi molto amati. 

In Italia, il cibo non è solo cibo. È affetto, è memoria, è quel profumo che ti riporta a casa anche se sei a chilometri di distanza. Ecco perché ogni volta che qualcosa cambia nel modo in cui mangiamo – o possiamo mangiare – si alza subito un polverone. La cucina italiana è fatta di rituali e consuetudini, alcune quasi intoccabili.

Durante l’estate, poi, tutto cambia. Fa caldo, ci si siede fuori, si cerca qualcosa di fresco e veloce. I piatti crudi – pesce, carne, verdure marinate – diventano protagonisti. Non è solo questione di sapore, ma di atmosfera: il crudo d’estate è quasi un’istituzione, accompagna pranzi leggeri e aperitivi al tramonto.

È proprio lì che, senza accorgersene, tradizione e abitudine si fondono. Ora, immagina di trovarti al ristorante e scoprire che la tartare non si può più ordinare. Niente carpaccio, niente ostriche, stop anche a certe insalate particolari. No, non è uno scherzo.

Ecco, è proprio questo il punto. Quando arriva un divieto, anche temporaneo, non è solo una questione di norme: cambia tutto il modo in cui si vive la tavola, e anche il lavoro di chi ci mette le mani, ogni giorno, in cucina. Ma quindi, che succede esattamente?

Come i sindaci sono diventati creativi (pure troppo) con i divieti

Tutto è iniziato con un cambiamento importante delle leggi italiane. Un decreto legge promosso dall’allora ministro Maroni ha dato ai sindaci più potere decisionale sulla sicurezza locale. Hanno aggiornato l’articolo 54 del Testo unico degli Enti Locali e adesso i sindaci, oltre a vigilare sull’ordine pubblico, possono anche emettere ordinanze su misura, basta che avvisino prima il prefetto.

Da lì si è aperto un mondo. Ordinanze contro i lavavetri, contro chi chiede l’elemosina, contro chi bivacca… chi più ne ha più ne metta. Ma nei paesi di provincia, dove magari problemi seri ce ne sono meno, alcuni sindaci hanno deciso di usare la loro “fantasia” per controllare anche altro.

Sushi (Depositphotos foto)
Sushi (Depositphotos foto) – www.energycue.it

Un blocco che cambia le carte in tavola

In Emilia-Romagna ad esempio è stato introdotto un divieto di vendita per i cibi crudi, valido dal 1° giugno al 30 settembre. L’obiettivo? Limitare i rischi legati alla sicurezza alimentare durante i mesi più caldi, quando le temperature aumentano anche la possibilità di contaminazioni. Chi non rispetta la regola rischia una multa fino a 206 euro. E no, non si parla di raccomandazioni o avvisi: è proprio un divieto, nero su bianco.

Questo significa che, almeno per l’estate, in Emilia-Romagna niente più piatti crudi. Un cambiamento che ha fatto storcere il naso a molti: da un lato c’è chi apprezza la tutela sanitaria, dall’altro chi lo vede come un attacco alla libertà di scelta e alla cultura del mangiar bene.