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La polvere lunare abrasiva è meno tossica dell’inquinamento urbano, rivela lo studio UTS

Uno studio rivela che la polvere lunare, quella abrasiva, sarebbe meno tossica rispetto al “classico” inquinamento.

La corsa verso il ritorno sulla Luna è sempre più concreta e, con essa, riemerge un dettaglio che potrebbe sembrare secondario ma che in realtà è tutt’altro che trascurabile: la polvere lunare. Sì, proprio quella sottile patina grigia che ricopre il suolo del nostro satellite e che, durante le missioni Apollo, ha causato fastidi non da poco agli astronauti. Starnuti, occhi che lacrimano, gola irritata… insomma, una specie di “raffreddore lunare”. E il problema è che, a oggi, non si sa ancora bene quanto possa essere tossica quella polvere, né quali danni possa causare se inalata a lungo.

Per capirci qualcosa di più, alcuni studi hanno provato a simulare la situazione utilizzando versioni artificiali della regolite lunare. I più recenti, LMS-1 e LHS-1, ricreano abbastanza fedelmente le condizioni del suolo lunare nelle zone di mare e altopiano. Ecco, un gruppo di ricercatori ha messo questi due simulanti (che simulato queste particelle lunari)  a confronto con la polvere terrestre, quella presente nell’aria delle nostre città.

Per capire quale delle due fosse più dannosa per i polmoni. Hanno usato due linee cellulari umane: una rappresenta le cellule dei bronchi (BEAS-2B), l’altra quelle degli alveoli (A549). Risultato? Beh, i dati iniziali dicono che, rispetto alla polvere terrestre, quella lunare sembra fare meno danni. Ma la storia non finisce qui.

Già a partire da dosi più elevate (fino a 5000 μg/ml), i simulanti lunari iniziano comunque a far calare la vitalità cellulare. E anche se non sono super tossici, qualche segnale d’infiammazione lo provocano, almeno nelle cellule bronchiali. Però non si riscontra quel tipico stress ossidativo che, per esempio, si osserva con la polvere terrestre.

Gli effetti meno dannosi

I risultati ottenuti con i simulanti LMS-1 e LHS-1 mostrano che, per quanto riguarda le particelle più grandi, la tossicità e la risposta infiammatoria si manifestano solo quando le cellule vengono esposte a dosi davvero elevate. Quando si passa a particelle più piccole, quelle capaci di penetrare a fondo nei polmoni, la situazione cambia un po’: l’effetto è più marcato. In particolare, le BEAS-2B rispondono producendo citochine infiammatorie (IL-6 e IL-8), ma questo non succede con le A549. E, rispetto alla polvere terrestre, i simulanti lunari risultano meno pericolosi, almeno a parità di concentrazione. Questo vale per le cellule bronchiali, mentre negli alveoli gli effetti sono più simili.

La tossicità, comunque, non sembra dipendere tanto dalla composizione chimica, quanto dalla dimensione e dalla forma delle particelle. I frammenti lunari sono irregolari, taglienti, e quando entrano nelle cellule possono causare danni puramente meccanici. Non a caso, esperimenti precedenti hanno mostrato lo stesso effetto usando un altro simulante lunare (CLDS-i). La cosa curiosa è che, rispetto alla polvere terrestre raccolta a Sydney, ricca di particelle tondeggianti e lisce di origine antropica, quindi più facilmente internalizzabili dalle cellule, quella lunare pur essendo ruvida e spigolosa provoca meno stress ossidativo. Probabilmente proprio perché non contiene ferro in forma nanometrica.

Illustrazione di varie particelle (Michaela B. Smith et al., 2025 FOTO) – energycue.it

Quando la forma conta più della sostanza

Un altro dettaglio emerso riguarda la solubilità delle particelle. Quelle lunari sono praticamente insolubili, quindi meno capaci di rilasciare metalli tossici nel microambiente cellulare. Questo riduce la bioaccessibilità delle componenti chimiche e sposta l’attenzione su un effetto più “meccanico”: la superficie irregolare delle particelle potrebbe graffiare, rompere, fare danni durante il processo d’ingestione cellulare.

In effetti, sia le LMS-1 che le LHS-1 contengono componenti come ferro e silice, ma distribuiti in modo diverso: il primo è più abbondante in LMS-1 e colpisce soprattutto le A549, mentre la seconda è più presente in LHS-1 e ha un impatto maggiore sulle BEAS-2B. Va anche detto che usare due linee cellulari diverse, come hanno fatto in questo studio, permette di cogliere differenze che altrimenti andrebbero perse. Gli alveoli e i bronchi hanno ruoli diversi nel polmone, e i tipi cellulari rispondono in modo diverso agli stimoli. Le A549 sono derivate da un tumore e hanno una resistenza intrinseca maggiore, quindi bisogna stare attenti a interpretare i dati. 

Mattia Paparo

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