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Nei sistemi industriali i rifiuti diventano risorse. Una soluzione ecologica trasferibile e internazionale tra sviluppo e sostenibilità.
Nell’epoca attuale, caratterizzata da crisi ecologiche e mancanza di risorse, la ricerca di metodi produttivi più ecologici ha portato a riconsiderare l’organizzazione dei processi industriali.
Tra le reazioni più rilevanti c’è lo sviluppo eco-industriale, un approccio che intende trasformare i tradizionali modelli di produzione lineare in ecosistemi industriali dove i residui di un processo vengono utilizzati come risorse da altri.
Questo metodo trae ispirazione dagli ecosistemi naturali, in cui niente viene sprecato e ogni componente trova una funzione utile all’interno della rete ecologica.
Tuttavia, le possibilità offerte dagli ecosistemi industriali superano la semplice riduzione dell’inquinamento: possono stimolare innovazioni tecnologiche, rafforzare la coesione a livello territoriale e diminuire la dipendenza da materie prime estere.
Il concetto di eco-industrial development (EID) è descritto come la formazione di una comunità industriale in cui le aziende cooperano per ottimizzare l’uso delle risorse, abbattere le emissioni e accrescere la sostenibilità complessiva. Ciò può essere realizzato attraverso la condivisione di servizi, infrastrutture, energia e materiali, in un’ottica di simbiosi industriale. Nello specifico un eco-industrial park (EIP) incarna l’applicazione pratica di tali principi: rappresenta un’area in cui società di settori differenti collaborano per massimizzare l’efficienza comune (come i consorzi)!
In un EIP, il calore residuo di un impianto può riscaldare gli uffici circostanti, i sottoprodotti chimici possono diventare materie prime per ulteriori produzioni e i sistemi di trattamento delle acque reflue possono essere utilizzati in condivisione. L’intento non è solo quello di ridurre l’impatto sull’ambiente, ma anche di generare vantaggi economici, abbattendo i costi di smaltimento e creando nuove opportunità commerciali. Stando a Wikipedia, l’EID emerge dall’incontro tra economia industriale e principi ecologici, favorendo un passaggio a modelli circolari. Il concetto fondamentale è che le industrie devono operare come parti di un sistema interconnesso anziché come entità isolate, scambiando materia, energia e conoscenze.
Un esempio famoso di simbiosi industriale è quello di Kalundborg, in Danimarca, dove da decenni scambi tra raffinerie, centrali elettriche, industrie farmaceutiche e imprese locali hanno dato vita a un ecosistema industriale efficace. Qui il vapore, l’acqua e i sottoprodotti sono costantemente riutilizzati, portando a vantaggi ambientali e competitivi notevoli. Questo caso è menzionato sia da Wikipedia che da rapporti dell’OECD come un modello esemplare a livello globale.
Altri esempi segnalati dall’UNIDO (l’Organizzazione delle Nazioni Unite per lo Sviluppo Industriale) dimostrano come gli EIP stiano emergendo in Asia: in Cina, ad esempio, la città di Tianjin ha creato un parco eco-industriale che riunisce industrie chimiche, manifatturiere ed energetiche, riducendo drasticamente i rifiuti e migliorando l’efficienza energetica. Anche in Corea del Sud, vari distretti industriali hanno adottato misure analoghe, supportati da programmi governativi orientati alla simbiosi industriale.
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