Acqua potabile, ecco la regione peggiore d’Italia | L’ultimo Test non lascia più dubbi: risultati terrificanti

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Greenpeace avverte: il 79% dell’ acqua potabile in Italia è inquinata. Livelli estremamente elevati in alcune regioni e città.
L’acqua potabile è una risorsa inestimabile e fondamentale per la nostra esistenza e quotidianità, eppure cresce fortemente l’ansia riguardo alla sua sicurezza.
A livello globale, il problema è emerso già dagli anni ’90, quando vari studi hanno iniziato a rilevare la presenza costante di tali sostanze nei fiumi, nelle acque sotterranee e perfino nel sangue umano.
Questi composti, utilizzati per decenni in settori come quello tessile, alimentare e chimico, si accumulano nell’ambiente e sono difficili da degradare.
In Italia, il tema è diventato rilevante solo negli ultimi anni, specialmente in alcune aree settentrionali dove sono stati segnalati casi di contaminazione nelle acque potabili. Recentemente, un’indagine di Greenpeace ha fornito ulteriori dettagli.
L’indagine di Greenpeace
Tra settembre e ottobre 2024, Greenpeace ha elaborato la prima mappa nazionale per contaminazione da PFAS nelle acque potabili, raccogliendo 260 campioni in 235 comuni italiani. Per lo più prelevati da fontane pubbliche, sono stati analizzati in laboratorio accreditato, esaminando 58 sostanze diverse, ben oltre le 24 indicate da direttiva europea. L’analisi ha incluso anche le molecole ultracorte, come il TFA e il PFPrA, su cui ci sono poche informazioni pubbliche ma che la comunità scientifica ritiene particolarmente preoccupanti.
Nel 79% dei campioni esaminati è stata trovata la presenza di almeno un PFAS. In altre parole, più di tre quarti dell’acqua potabile italiana risulta inquinata, mentre solo il 21% dei campioni non presentava tali sostanze. Ogni regione ha mostrato campioni contaminati, con almeno tre casi per ciascun territorio, eccetto la Valle d’Aosta dove sono stati raccolti solo due campioni, entrambi positivi.
Le normative contestate
Regioni più colpite? Liguria, Trentino-Alto Adige, Valle d’Aosta, Veneto, Emilia-Romagna, Calabria, Piemonte, Sardegna, Marche e Toscana. Le sostanze più comuni? PFOA, TFA, PFOS, tutte riconosciute come cancerogene. Secondo l’indagine, in numerosi casi i livelli riscontrati in Italia superano già oggi i limiti previsti in altri paesi europei, come la Danimarca, e negli Stati Uniti.
La nuova normativa europea, che entrerà in vigore nel 2026 stabilendo un limite di 100 nanogrammi per litro, è stata ritenuta inadeguata dalla stessa Agenzia europea per l’ambiente, con soglie troppo elevate per garantire un risultato efficace. La risposta delle autorità locali non ha tardato naturalmente a farsi sentire in alcune delle aree interessate, con annunci di controlli più frequenti e di maggiore trasparenza nella pubblicazione dei dati. Tuttavia, Greenpeace fa notare che tali controlli devono essere sistematici e diffusi, in quanto una temporanea assenza di PFAS in alcuni campioni non assicura la loro totale eliminazione nel tempo.