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Reddito di Cittadinanza, dopo il danno anche la beffa | Non bastava averlo abolito: adesso si riprendono anche i soldi

Non solo l'abolizione del RdC

Non solo l'abolizione del RdC (Canva-Depositphotos) - www.energycue.it

Il “Reddito” ha ufficialmente ceduto il passo ad una nuova prestazione ormai da diverso tempo. Eppure, le grane per gli ex percettori continuano…

Introdotto dal Governo Conte nel 2019, il Reddito di Cittadinanza, meglio noto con l’acronimo RdC, ha rappresentato una misura di sostegno economico concreta rivolta verso le famiglie che si trovavano ad affrontare situazioni di difficoltà e disagio economico.

Oltre a ciò, prometteva di facilitare l’inserimento degli stessi soggetti all’interno del mondo del lavoro, il tutto attraverso lo svolgimento di percorsi di formazione, provvedendo a fornire una prestazione sicura che svolgesse il ruolo di integrazione rispetto al reddito.

I richiedenti, che dovevano dichiararsi disponibili al lavoro, attraverso la sottoscrizione del Patto per il Lavoro o per l’Inclusione, ricevevano l’importo con cadenza mensile, variabile in base al reddito degli stessi, ma anche al numero di componenti del nucleo familiare, su carta prepagata.

Dal 2023, tuttavia, questa misura è stata soggetta ad una progressiva sostituzione. Si è assistito, infatti, all’abolizione del RdC per come lo conoscevamo in precedenza, in favore dell’introduzione dell’Assegno di Inclusione e del Supporto per la Formazione e il Lavoro.

Nel vivo del caso

Un cittadino originario di Brindisi ha intentato una causa contro l’INPS, mirata ad opporsi alla restituzione del reddito di cittadinanza che lo stesso aveva avuto modo di ricevere a partire dal 2020, fino al 2022. Lo stesso aveva dichiarato di risiedere nei pressi della Vallugola, in Provincia di Pesaro e Urbino, nelle Marche, nonostante gli accertamenti successivamente condotti avessero reso noto come l‘effettivo domicilio fosse proprio la città di Brindisi, peraltro addirittura dal 2019, ossia da prima che cominciasse a percepire la prestazione sopracitata.

Il provvedimento di revoca era stato notificato all’uomo nel Giugno 2023, quando lo stesso aveva indicato una motivazione valida per impugnare la richiesta e sottrarsi alla stessa: le somme erano “irripetibili“, o almeno così era stato dichiarato. Tuttavia il Tribunale di Pesaro ha evidenziato come le dichiarazioni fornite dal soggetto non fossero affatto compatibili con i rilievi effettuati dalla Guardia di Finanza.

Stop deciso ai furbetti
Stop deciso ai furbetti (Shutterstock foto) – www.energycue.it

Conseguenze inevitabilmente severe

La residenza indicata è stata definita “fantasma”, poiché non corrispondente alla realtà, un’informazione omessa dalla gravità significativa, in quanto capace di incidere soprattutto sull’ammontare di reddito percepito. Il giudice ha, inoltre, ritenuto valida una domanda riconvenzionale dell’INPS che ha condotto il cittadino a ricevere una sanzione consistente nella restituzione dell’intero importo e in quello delle spese legali liquidate in 1.500 euro. La conseguenza peggiore, sicuramente, è stata quella disposta dal giudice del lavoro di Pesaro, Gianfranco Tamburini, il quale ha obbligato l’ex percettore di reddito a restituire, esclusi interessi e spese legali, la bellezza di 12.652,21 euro.

Un caso sicuramente controverso, che però non rappresenta affatto l’unico ad aver avuto luogo nel nostro Paese nel corso degli ultimi anni: il comandante provinciale della Guardia di Finanza, Paolo Brucato, ha dichiarato che a partire dalla data del 1° Gennaio 2024 sino ad oggi, l’attività di collaborazione con l’INPS ha permesso di individuare e deferire ben 48 percettori del reddito di cittadinanza indebiti, per un ammontare complessivo di risarcimento che supera i 280.000 euro. Lo scrive Il Resto del Carlino.