Non tutte le foreste rinfrescano allo stesso modo: lo rivela uno studio europeo.
Negli ultimi anni, le foreste sono state spesso al centro del dibattito sul cambiamento climatico, celebrate come potenti alleate nella lotta contro l’aumento della CO₂. Tuttavia, non tutti gli alberi influiscono sul clima allo stesso modo. A rivelarlo è uno studio internazionale pubblicato su Nature Communications, guidato dal Politecnico Federale di Zurigo con la partecipazione del Cnr-Isafom di Perugia.
Secondo i ricercatori, la composizione delle foreste europee è un fattore decisivo per determinare il loro effetto sulla temperatura. Faggi e querce, ad esempio, risultano più efficaci nel raffrescare l’ambiente rispetto a pini e abeti. Questo perché la chioma delle latifoglie riflette più radiazione solare e incide positivamente su umidità e temperatura dell’aria.
“Le foreste non sono solo serbatoi di carbonio, ma modificano anche la riflettività del suolo e il microclima locale”, spiega Alessio Collalti, ricercatore del Cnr e coautore dello studio. Nei modelli simulati tra il 2015 e il 2059, in alcune zone l’espansione forestale a base di conifere ha addirittura mostrato un potenziale contributo al riscaldamento locale, proprio a causa della scarsa albedo delle chiome scure.
I dati emersi suggeriscono che, in ottica climatica, la gestione delle specie forestali vada ripensata, non solo in termini di stoccaggio del carbonio, ma anche di bilancio energetico del territorio. “In alcune aree, sostituire pini e abeti con faggi o querce può abbassare la temperatura media di luglio fino a 0,6 gradi”, sottolinea Collalti.
Una differenza apparentemente modesta, ma cruciale durante le ondate di calore, quando anche pochi decimi di grado possono incidere su mortalità, agricoltura e fabbisogno energetico. Lo studio offre così nuove chiavi di lettura per le politiche ambientali e forestali in Europa, suggerendo una maggiore attenzione al ruolo microclimatico delle specie arboree.
L’effetto raffrescante delle latifoglie non si limita al solo assorbimento di CO₂. La maggiore evapotraspirazione e la riflessione della luce solare contribuiscono a un ambiente più umido e fresco, mitigando gli effetti delle temperature estreme. Al contrario, le conifere, pur efficienti nel sequestro del carbonio, possono accentuare il riscaldamento se piantate in modo massiccio in aree non adatte.
Il lavoro, firmato tra gli altri da Yi Yao e Collalti, fornisce dunque indicazioni concrete per futuri rimboschimenti e piani climatici locali. E invita a un approccio più raffinato, in cui la scelta degli alberi non risponda solo a criteri estetici o economici, ma anche ecologici.
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