Un nuovo studio pubblicato sulla rivista Science of the Total Environment ha documentato per la prima volta l’ingestione di microplastiche da parte di Belgica antarctica.
È l’unico insetto terrestre endemico dell’Antartide. Analisi di laboratorio e campionamenti sul campo mostrano che microplastiche sono entrate nelle comunità del suolo antartico e possono influenzare aspetti fisiologici dell’insetto, con implicazioni per l’ecologia di uno degli ecosistemi più remoti della Terra.
*Belgica antarctica* è un chironomide, un piccolo dittero non pungente che rappresenta l’unica specie di insetto che vive esclusivamente sul continente antartico e nei suoi ambienti circostanti. Le larve di questa specie, lunghe pochi millimetri, abitano zone umide di muschi e alghe lungo la Penisola Antartica, dove raggiungono densità elevate e svolgono un ruolo chiave nel ciclo dei nutrienti del suolo.
Questa specie è adattata a condizioni estreme di freddo, disidratazione, salinità elevata e variazioni termiche giornaliere, grazie a strategie fisiologiche che gli consentono di sopravvivere a temperature molto basse e a stress ambientali che sarebbero fatali per la maggior parte degli insetti temperati. ([Wikipedia][1])
La ricerca sui microplastiche ha mostrato che particelle di plastica, definite come frammenti di dimensione inferiore ai 5 millimetri, sono ormai presenti in molte aree remote del pianeta. Studi precedenti avevano già rilevato microplastiche nella neve, nell’acqua marina e nei sedimenti vicino a basi di ricerca antartiche, indicando un trasporto da aree antropizzate attraverso correnti oceaniche, vento e traffico marittimo.
Queste evidenze avevano suggerito che anche gli ecosistemi terrestri antartici, tradizionalmente considerati tra i pochi ancora relativamente intatti, potessero essere esposti a contaminanti plastici. Tuttavia, l’effetto diretto di tali contaminanti sugli organismi locali era poco noto fino allo studio recentemente pubblicato.
La ricerca ha seguito due linee principali di indagine:
Nel laboratorio, le larve sono state esposte a diverse concentrazioni di particelle plastiche per un periodo di dieci giorni, consentendo la misurazione di variazioni nei tassi di sopravvivenza, nel metabolismo cellulare e nell’accumulo di riserve energetiche. ([ScienceDirect][3])
Dai risultati emerge che la sopravvivenza delle larve non è stata significativamente ridotta nemmeno alle concentrazioni più elevate di microplastiche testate. Anche i tassi metabolici misurati non hanno mostrato variazioni marcate in funzione dell’esposizione alla plastica.
Tuttavia, l’esposizione ha avuto un effetto sui depositi di grasso delle larve, che risultavano inferiori nei gruppi trattati con livelli più alti di particelle plastiche, mentre le riserve di carboidrati e proteine sono rimaste sostanzialmente invariate. La riduzione delle riserve lipidiche può avere rilevanza biologica nei cicli vitali di Belgica antarctica, poiché le riserve di grasso costituiscono una componente fondamentale per la sopravvivenza durante periodi di stress, specialmente pressoove stagionali e di risorsa limitata.
Questi risultati suggeriscono che, pur non producendo effetti letali nel breve periodo, l’ingestione di microplastiche può comportare costi fisiologici sottili che potrebbero influenzare la condizione energetica degli individui nel lungo termine.
La seconda fase dello studio ha coinvolto la raccolta di larve di Belgica antarctica da 20 siti su 13 isole lungo la Penisola Antartica durante una crociera di ricerca nel 2023. Le larve sono state preservate immediatamente per evitare ulteriori ingestione di materiali durante il trasporto.
In laboratorio, i ricercatori hanno sezionato le larve e analizzato i loro contenuti intestinali utilizzando tecnologie di imaging capaci di identificare particelle fino a circa quattro micrometri di diametro, basandosi sulle impronte chimiche delle particelle stesse. In un campione di 40 individui, sono stati trovati frammenti di microplastiche in due larve.
La presenza di microplastiche all’interno di organismi che vivono in alcuni dei terreni più remoti e climaticamente estremi del pianeta rappresenta una prova diretta dell’infiltrazione di plastica nei sistemi ecologici terrestri dell’Antartide, anche se le quantità rilevate finora sono relativamente basse rispetto ad altri ambienti globali.
L’ingestione di microplastiche da parte di Belgica antarctica suggerisce che la contaminazione plastica ha ormai raggiunto anche le catene trofiche terrestri più isolate, con possibili effetti che potrebbero manifestarsi su tempi più lunghi di quelli osservabili negli esperimenti di laboratorio.
Le larve di questa specie compiono un ciclo vitale di circa due anni, passando la maggior parte del tempo in stadio larvale prima della metamorfosi. Una esposizione cronica a microplastiche, combinata con stress ambientali aggiuntivi quali cambiamenti climatici, variazioni di umidità e temperature, potrebbe influenzare lo sviluppo energetico, la capacità di resistenza e la dinamica delle popolazioni nel tempo.
Poiché *Belgica antarctica* svolge un ruolo fondamentale nei processi di decomposizione e riciclo dei nutrienti nei terreni antartici, gli effetti subletali osservati potrebbero avere riverberi più ampi sulle reti ecologiche del suolo.
La capacità di microplastiche di raggiungere e manifestarsi perfino in organismi così isolati indica una diffusione globale del problema della plastica, collegata a trasporti atmosferici e oceanici di particelle minute e all’attività umana, inclusa quella legata a stazioni di ricerca scientifica e navi.
Questo fenomeno solleva questioni sulla resilienza degli ecosistemi estremi di fronte alle pressioni antropogeniche e sulla necessità di monitoraggi estesi e a lungo termine per valutare l’evoluzione della contaminazione da microplastiche negli habitat terrestri e marini polari.
Gli autori dello studio hanno indicato diverse linee di ricerca per approfondire la comprensione degli effetti delle microplastiche in Antartide:
Questi approfondimenti consentiranno di caratterizzare meglio la sensibilità di ecosistemi estremi alle pressioni antropiche e potranno fornire indicatori utili per comparazioni globali tra regioni soggette a diversa intensità di inquinamento.
L’evidenza che microplastiche siano presenti persino negli organismi viventi più settentrionali e adattati alle condizioni più severe mostra come l’inquinamento da plastica abbia ormai raggiunto tutte le componenti dell’ambiente terrestre e marino. La capacità di monitorare questi cambiamenti fin dalle prime fasi di diffusione costituisce un patrimonio conoscitivo fondamentale per lo studio della salute degli ecosistemi e dell’interazione tra contaminanti e biodiversità, con effetti che possono estendersi oltre l’Antartide stesso.
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