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Gli assassini hanno questa faccia | Scoperti i tratti somatici di un serial killer: se ne vedi uno lo riconosci subito

Serial killer

Identità dei serial killer (Canva foto) - energycue.it

Se davvero esiste un volto del male, la scienza lo ha trovato: andiamo a scoprire qual è il vero volto dei serial killer.

Fin dai tempi più antichi, l’essere umano ha tentato di leggere l’anima attraverso il volto. I lineamenti, lo sguardo, la struttura del cranio: ogni dettaglio sembrava poter svelare qualcosa di più profondo, di più oscuro. Ma è solo nel XIX secolo che questo impulso prende forma scientifica, o presunta tale, grazie al lavoro di un uomo che ha segnato un’epoca: Cesare Lombroso.

In un tempo in cui la scienza cercava leggi assolute anche per ciò che pareva imperscrutabile, l’idea che il male potesse essere inciso nella carne, tracciato sui tratti somatici, conquistò università e tribunali. Secondo questa visione, bastava osservare con attenzione un volto per sospettare una colpa. Bastava misurare, confrontare, disegnare.

Quel metodo, oggi ritenuto privo di fondamento scientifico, si alimentava di fotografie, schizzi e calcoli millimetrici. Nascevano così identikit inquietanti, figure che parevano uscite da un incubo e che, nella mente di molti, coincidevano con l’archetipo del criminale. La paura prendeva forma, e quella forma era umana, troppo umana.

Lontani dagli strumenti odierni di indagine psicologica e investigativa, studiosi e forze dell’ordine si affidavano a ciò che avevano: un’idea di giustizia costruita anche sull’apparenza. In questo clima si affermò la distinzione tra chi nasce delinquente e chi lo diventa per caso, ma i primi — secondo Lombroso — non avevano scampo: erano segnati nel corpo.

Il volto come indizio: l’eredità della fisiognomica

La teoria fisiognomica, che oggi suscita critiche e ironia, dominò a lungo lo scenario criminologico. Lombroso, raccogliendo dati per decenni, arrivò a costruire un vero e proprio atlante della criminalità: un catalogo illustrato in cui comparivano volti, proporzioni craniche e presunte corrispondenze tra tratti fisici e comportamenti violenti. In esso, ad esempio, l’omicida abituale era descritto con sguardo freddo, naso aquilino e orecchie prominenti.

Come riporta Istitutocalvino, perfino le leggi medievali e la letteratura classica sostenevano che la bruttezza fisica potesse essere spia di una devianza morale. La fisiognomica si innestava così in una tradizione più antica, radicata nell’immaginario collettivo ben prima che Lombroso ne codificasse le linee guida.

Criminale
Criminale fisionomia (Canva foto) – energycue.it

Oggi la scienza smentisce, ma l’istinto resta

Oggi, grazie alla psichiatria e alle neuroscienze, sappiamo che non esiste un volto tipico del criminale. Le teorie lombrosiane sono state accantonate dalla comunità scientifica, perché fondate su pregiudizi visivi e interpretazioni arbitrarie. Eppure, qualcosa di quel pensiero sembra sopravvivere: la tendenza a giudicare da un’espressione, da una fisionomia, da un’intuizione.

Anche se Lombroso stesso modificò col tempo le sue convinzioni, affermando che solo una piccola parte dei delinquenti nasce tale, l’eco delle sue idee si avverte ancora. Basta osservare come, spesso, si commenta un volto sospetto con un giudizio immediato. Un riflesso antico, che forse ci accompagna da secoli.