Demansionamento, da oggi conviene al dipendente | Pioggia di soldi in un colpo solo: il datore di lavoro inizia a tremare

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Tema demansionamento: da oggi non sarà più un problema. Il datore di lavoro dovrà versarvi tantissimi soldi! Momento storico.
Negli ultimi decenni, il tema del demansionamento ha attirato l’attenzione di molti dibattiti legali e sindacali. Vediamo alcuni numeri, giusto per capire il fenomeno, che siamo certi ci riguardi un po’ tutti!
In Italia, secondo le statistiche ISTAT e i sondaggi delle associazioni sindacali, migliaia di lavoratori hanno segnalato di aver subito una modifica alle proprie mansioni, la quale ha comportato non solo una diminuzione delle proprie responsabilità professionali, ma anche un danno economico.
Questo fenomeno, generalmente associato a processi di ristrutturazione aziendale, spesso porta a controversie legali, in quanto coinvolge diritti fondamentali dei lavoratori protetti dalla Costituzione e dallo Statuto dei lavoratori.
Come avrete sicuramente inteso, l’effetto del demansionamento non è solo di natura economica: influisce anche sulla dignità professionale e sul benessere dei dipendenti, rendendo questo argomento sempre più rilevante nelle aule di giustizia.
La nuova storia
Tuttavia, lo scenario cambierà presto, stando alle notizie. Come riportato da Servicematica, la Corte Suprema ha accolto la richiesta di un lavoratore, riconoscendo il diritto a ricevere un risarcimento per la perdita di un incremento salariale causato da un illegittimo cambio di mansioni.
Una nuova e significativa sentenza della Corte di Cassazione ridefinisce, infatti, i parametri per il risarcimento in caso di demansionamento, affermando che un lavoratore ha diritto a ricevere un’indennità per la perdita di un compenso, anche se accessorio, causata da un mutamento illecito delle mansioni. Questa decisione, che ha il potenziale di creare precedenti, annulla una sentenza precedente che aveva negato il risarcimento a un lavoratore.
Il caso e il parere della Cassazione
La questione legale era iniziata con il ricorso di un dipendente che, dopo molti anni di lavoro con turno notturno, con l’adeguata maggiorazione in busta paga, era stato trasferito invece unilateralmente al turno diurno, subendo una considerevole perdita salariale. La Corte d’Appello aveva inizialmente rifiutato il risarcimento per la perdita della maggiorazione, sostenendo che si trattasse di “compenso accessorio” non risarcibile, in quanto l’azienda aveva l’assoluto diritto di modificare i turni di lavoro.
Tuttavia la Cassazione, attraverso la sentenza 22636/2025, ha contestato questa posizione. I giudici hanno sottolineato che, sebbene il datore di lavoro possa avere la possibilità di riorganizzare i turni, tale facoltà non può giustificare un demansionamento che provochi o determini a priori un “danno patrimoniale” per il lavoratore. Il punto centrale, secondo la Cassazione, è la natura della perdita economica, che deve essere vista come conseguenza diretta e chiara di un atto illecito da parte del datore di lavoro. Una sentenza storica dunque, che apre la strada a nuovi possibili casi della medesima natura.