Smartphone, non pronunciare mai queste parole | Appena le sente avvia il procedimento: vale anche se ce l’hai in tasca

Lo smartphone potrebbe riconoscere alcune parole che dici per darti pubblicità mirata? (Canva Foto) - energycue.it
Lo smartphone potrebbe riconoscere alcune parole che dici per darti pubblicità mirata? Ecco cosa accade davvero.
Immagina di pensare di dover cambiare il materasso mentre sei in cucina. Il telefono è lì, spento, innocuo. Il giorno dopo, i social ti mostrano offerte di materassi memory. Coincidenza? Forse, oppure il microfono ha intercettato la frase chiave. Il desiderio espresso è diventato target pubblicitario.
Ora immagina di parlare con un’amica di un viaggio in Grecia. Inizia a comparire pubblicità di voli, hotel, escursioni. Il telefono non ha bisogno di vedere: gli basta ascoltare. Le parole diventano dati, che poi diventano campagne. Il tuo dialogo è già conversione.
Potresti pensare di aver bisogno di un dentista, ma di voler aspettare. Il giorno dopo trovi una pubblicità di studi odontoiatrici nella tua zona su un altro social. Il telefono non registra tutto, ma intercetta parole chiave. Non ascolta per curiosità: ascolta per vendere. Ogni frase è un potenziale trigger.
Il telefono non ti spia come in un film, ma ti profila in tempo reale. Non c’è bisogno di cliccare: basta parlare. Ogni parola diventa un algoritmo. Il tuo desiderio non è più privato: è monetizzabile. Quanto c’è di vero in tutto questo e come difenderti?
Cosa succede
TechPrincess ha analizzato il caso del Cox Media Group e il suo controverso servizio Active Listening, che avrebbe permesso di intercettare parole chiave pronunciate dagli utenti dal microfono dello smartphone.
Il sistema non registrava conversazioni intere, ma si attivava su frasi specifiche. Le aziende coinvolte, tra cui Meta, Google e Amazon, hanno negato un coinvolgimento diretto. Il dibattito etico è acceso: la sorveglianza algoritmica entra nella sfera privata con una precisione inquietante.
Come funziona
Secondo Kilobit, il fenomeno dell’ascolto attivo da parte degli smartphone non è solo una paranoia diffusa, ma una tecnica di marketing predittivo già in uso. Il servizio Active Listening di CMG esiste, e che alcune app con accesso al microfono possono attivarsi su trigger vocali. Il riconoscimento vocale non è continuo, ma mirato: intercetta desideri espressi a voce e li traduce in annunci pubblicitari personalizzati. Kilobit distingue tra bias di conferma (quando pensiamo che ci ascoltino perché vediamo pubblicità correlate) e ascolto reale. La profilazione vocale è possibile e già integrata in alcune piattaforme.
Telefonino.net ha pubblicato un approfondimento sul presunto ascolto da parte degli smartphone per fini pubblicitari. Il sito chiarisce che Google e Meta negano l’ascolto continuo, ma ammettono che le app con accesso al microfono possono raccogliere dati vocali se l’utente ha dato consenso. Basta pronunciare parole come vacanza o scarpe da corsa per attivare campagne pubblicitarie mirate. La fonte consiglia di monitorare le autorizzazioni e limitare l’accesso al microfono.