Acqua pulita più economica e sostenibile: il biochar ora “brucia” i veleni con gli elettroni

Illustrazione del biochar (Canva FOTO) - energycue.it
Questo biochar potrebbe essere davvero rivoluzionario, e potrebbe rendere l’acqua molto più sostenibile ed economica.
Per anni il biochar è stato considerato un semplice “filtro naturale”: una sorta di spugna capace di catturare sostanze inquinanti e purificare l’acqua. Ma dietro questa fama da materiale ecologico si nasconde qualcosa di molto più interessante. Un gruppo di ricercatori della Shenyang Agricultural University, guidato da Yuan Gao, ha appena dimostrato che questo carbone vegetale non si limita ad assorbire, bensì distrugge attivamente gli inquinanti grazie a un meccanismo che, fino a poco tempo fa, era passato inosservato.
L’idea è tanto semplice quanto rivoluzionaria: il biochar può trasferire elettroni direttamente ai composti tossici, disgregandoli senza bisogno di reagenti chimici. Un po’ come se, invece di trattenere lo sporco, lo “fulminasse” dall’interno.
Secondo i dati pubblicati sulla rivista Carbon Research, questa capacità “elettronica” spiega fino al 40% del potere depurativo del materiale. E, cosa ancora più sorprendente, resta praticamente invariata anche dopo cinque cicli di utilizzo.
È un cambio di prospettiva notevole: non più un materiale passivo, ma una sorta di micro-reattore naturale, capace di ripulire l’acqua in modo continuo e sostenibile. L’idea apre nuove strade verso tecnologie di depurazione più economiche e verdi, che potrebbero trasformare la gestione dell’acqua in contesti industriali e urbani.
Il segreto elettrico del biochar
Il punto di svolta sta tutto nella capacità del biochar di muovere elettroni. Fino ad ora, si pensava che il suo contributo principale fosse quello di adsorbente, capace di catturare i composti tossici sulla sua superficie. Ma il team di Gao ha dimostrato che il materiale agisce come un vero e proprio “trasmettitore di elettroni”: invece di limitarsi a trattenere gli inquinanti, li degrada direttamente attraverso un processo di trasferimento elettronico.
Durante gli esperimenti, i ricercatori hanno usato sofisticate analisi elettrochimiche e metodi di correlazione per dimostrare che il biochar può disgregare fino al 40% degli inquinanti organici senza l’aiuto di ossidanti esterni. Questo significa che una parte consistente della sua “magia depurativa” avviene spontaneamente, solo grazie alla sua struttura atomica. In pratica, funziona come un mini-laboratorio naturale, capace di smontare molecole complesse a colpi di elettroni.
La struttura che fa la differenza
Dietro questa efficienza c’è una combinazione di fattori strutturali ben precisi. Lo studio pubblicato su Carbon Research rivela che i gruppi funzionali C–O e O–H presenti sulla superficie del biochar agiscono come veri e propri “punti di appoggio” per il trasferimento degli elettroni, mentre la struttura grafitica al suo interno funge da “autostrada” per il loro movimento. Più ordinata è questa rete di carbonio, più veloce è la reazione, e di conseguenza più rapida la scomparsa degli inquinanti.
Non tutti i biochar, però, sono uguali. Quelli modificati con fosfato di ammonio (APP) hanno dimostrato prestazioni eccezionali: secondo gli autori, il campione denominato APP-6 ha raggiunto una capacità di degradazione diretta fino a 11 mg/g, contribuendo al 40% ±10% dell’intero processo di rimozione. Ancora più impressionante è la stabilità del materiale, che dopo cinque cicli di riutilizzo conserva quasi il 100% della sua efficienza. In un’epoca in cui i catalizzatori metallici soffrono di perdite di efficienza e rilascio di ioni tossici, il biochar si propone come una soluzione pulita, economica e durevole.