Vista della centrale di Enel Green Power a Larderello. sostariffe.it
La Toscana è conosciuta in tutto il mondo per la qualità dei prodotti enogastronomici che vi si producono. Inoltre, come abbiamo ricordato in Energia in pillole, la Toscana è stata sede del primo impianto geotermico del mondo, che permette di utilizzare il calore presente sotto terra. La produzione da geotermico in Toscana raggiunge i 786 MW di produzione assoluta. Con gli investimenti in questo settore, si spera di raddoppiare l’apporto energetico proveniente da fonti geotermiche in 10 anni.
Come sarebbe possibile correlare queste due caratteristiche della regione?
Ci ha pensato il Distretto delle energie rinnovabili della Toscana, creando nel 2009 la Comunità del cibo a energie rinnovabili (CCER), in collaborazione con Slow Food Toscana, Fondazione Slow Food per la Biodiversità e il CoSviG, Consorzio per lo Sviluppo delle Aree Geotermiche. Essa rappresenta il primo esempio a livello mondiale di organizzazione nata per promuovere l’utilizzo di energia rinnovabile nella produzione alimentare.
Come si legge sul sito della comunità, possono aderirvi produttori che utilizzino:
Tra i soci vi sono caseifici, aziende di allevamento e aziende vinicole, birrifici, ecc. Queste utilizzano almeno il 50% di energia pulita nel loro processo produttivo.
L’energia geotermica è impiegata, ad esempio, attraverso degli scambiatori di calore che permettono di utilizzare il calore geotermico per produrre vapore, usato poi nei vari processi produttivi. La cooperativa Sociale Parvus Flos, invece, ha costruito una particolare serra per la produzione di piante aromatiche e officinali. In questo caso, i getti di vapore alla temperatura di 100° vengono utilizzati per il riscaldamento della serra.
Il birrificio Vapori di Birra è il primo birrificio artigianale in Italia che impiega il vapore geotermico come fonte primaria di energia per il processo industriale.
Ma non si parla solo di energia geotermica: nel Frantoio San Luigi già dal 2009 viene utilizzata esclusivamente energia proveniente da produzione fotovoltaica e biomassa. E’ detto infatti “frantoio fotovoltaico” per i pannelli, installati su superficie di 500 mq, che permettono di ottenere circa 45 Kwh di energia. La biomassa utilizzata è il nocciolino di sansa, un prodotto ottimale per l’alimentazione di caldaie, termocamini e forni. Esso viene prodotto all’interno della stessa azienda senza utilizzare additivi chimici.
La Comunità del Cibo a Energie Rinnovabili unisce imprenditori che hanno a cuore non solo la qualità dei prodotti ma anche la sostenibilità ambientale dei processi. Ci auguriamo che anche altre nazioni possano trarre ispirazione da questa realtà italiana capace di affiancare alla buona cucina la “buona energia”.
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